COSA È RIMASTO DELLA LEGA NORD?

In principio, fu il federalismo. Alla fine degli anni ’80, e in concomitanza con la caduta del muro di Berlino che sancì il fallimento dell’ideologia comunista in Europa, si iniziò a parlare di un nuovo modello organizzativo – equidistante e totalmente avulso dai totalitarismi che avevano insanguinato e terrorizzato il mondo, nel ventesimo secolo – improntato a una maggiore trasparenza e partecipazione, da parte dei cittadini alla vita politica del proprio paese.

A farsi portavoce di un’istanza che richiamava alla mente le idee di Сarlo Cattaneo, fu Umberto Bossi che dette vita alla Lega Nord. Le istanze autonomiste iniziarono infatti a permeare, agli albori dell’ultimo ventennio del secolo scorso, la parte più produttiva del Bel Paese che si apprestava a vivere un nuovo boom economico dopo il Sessantotto e i complicati e tremendi anni di piombo.

Inizialmente, quello che sarebbe poi diventato il Carroccio, era un movimento presente su base prevalentemente regionale (Lombardia, Piemonte e Veneto) ma che già portava dentro di sé la totale avversione nei confronti di una classe politica meridionale capace solo di sprecare in malo modo il denaro pubblico, insieme al regime dei partiti che con il consociativismo avevano dato il via al teatrino della politica. Gli strali colpirono – a ragion veduta, ci permettiamo di aggiungere - in special modo gli sperperi e la cattiva gestione dei fondi stanziati da Roma alla Cassa per il Mezzogiorno, all’indomani del terribile e catastrofico terremoto che devastò l’Irpinia il 23 novembre 1980. Quella che doveva essere un’irripetibile occasione di sviluppo per una delle aree più povere e disastrate del Sud, in realtà divenne un’autentica gallina dalle uova d’oro per una classe politica marcia e corrotta, che si avvaleva anche della contiguità con le organizzazioni criminali del territorio (la camorra in primis) per mantenersi sugli scranni più alti del potere, e rubare soldi e sviluppo a intere generazioni di meridionali.

Gli slogan anti sistema, iniziarono gradualmente a fare presa su un sempre maggior numero di elettori appartenenti ai ceti più disparati: dagli imprenditori agli operai, passando per le partite IVA e per i pensionati, la Lega Nord stava crescendo a vista d’occhio e cominciò a divenire uno spauracchio per tutti i partiti tradizionali, che intanto stavano subendo un’emorragia di voti e consensi, anche e soprattutto grazie alle inchieste di Tangentopoli che smantellarono tutto il vecchio pentapartito. Il movimento che aveva come simbolo l’Alberto da Giussano, divenne il fatto nuovo della politica nostrana negli anni ’90 e raggiunse l’apice dei consensi, in termini di appeal e voti, quando fece cadere il governo Berlusconi nel 1994. Tutto sembrava volgere verso l’affermazione delle tesi del professor Miglio che teorizzava la nascita delle macroregioni e il ripensamento del concetto stesso di unità nazionale, che in realtà ha affondato le proprie radici sul sangue e sulle fondamenta di una spregevole quanto squallida menzogna storica.


La favoletta con la quale ci hanno sempre dipinto Garibaldi quale “eroe dei due mondi” e il conte Camillo Benso di Cavour illuminato statista, non ci è mai stata raccontata in maniera veritiera e corretta, a giudicare dai massacri perpetrati nei confronti di quelli che libri di storia bugiardi e meschini, hanno etichettato quali “briganti” solo perché hanno strenuamente difeso la propria libertà e la propria terra da quella che si sarebbe poi rivelata essere un’annessione a tutti gli effetti. Fortemente voluta dalle massonerie inglesi e francesi, che vedevano come il diavolo quel Sud che poteva intralciare la loro espansione verso il Mediterraneo. O anche del referendum truffaldino e spregevole con il quale è stato annesso il Veneto, nel 1866.

Ci sarebbero, insomma, valide e consistenti ragioni storiche per ripensare al modo con cui questo sgangherato paese è stato “unito”, a costo di un carissimo prezzo che ancora stiamo pagando a distanza di oltre un secolo e mezzo. Non smetteremo mai di parlarne, fino a quando ne avremo le forze e le energie perché siamo convinti che – presto o tardi – la verità presenterà il salatissimo e giusto conto da pagare a chi ha voluto vergognosamente nasconderci tutto, e anche a chi – ieri come oggi - si è reso complice di questo crimine!

La discussione sul federalismo, tornando - a quello che è il tema di questo articolo - alla metà degli anni ’90, iniziò ad agitare sempre più i palazzi del potere marcio, infame e corrotto, che rischiavano seriamente di crollare sotto i colpi della voglia di nuovo che agitava strati sempre più ampi della popolazione. E anche di una verità storica che incuteva loro terrore, come si è avuto modo di evidenziare e argomentare sopra.

La Lega Nord si trovò quasi ad un passo dal compiere quella rivoluzione federale che era vista con terrore da chi al Sud aveva sempre campato di assistenzialismo e parassitarismo, pur di non garantire anche alla nostra terra la possibilità di un vero sviluppo sganciato dalle mance e dalle miserevoli elemosine, elargite dallo stato centralista e colonialista itagliano per tenersi buoni i cittadini di un Mezzogiorno che continuava a pagare il conto di un’immigrazione forzata. Causata, appunto, dalla mancanza di valide prospettive lavorative che garantissero benessere e stabilità economica a intere generazioni di giovani costretti a fare la “valigia di cartone” fin dagli anni dell’immediato secondo dopoguerra verso il Nord del paese, la Germania, il Belgio, la Svizzera, il Regno Unito, gli USA e finanche l’Australia.

Abbiamo seguito con un certo interesse le evoluzioni del movimento di Umberto Bossi, ritenendo indispensabile e funzionale un’alleanza strategica con la Lega Nord affinché il comune obiettivo di riformare lo stivale con una rivoluzione federalista, potesse compiersi in maniera pacifica e democratica, così come propugniamo nel nostro statuto. Il tempo, purtroppo, non ci ha dato ragione su questa scelta perché - nel 2001 prima e nel 2014 poi -, siamo stati vittime di un tradimento e di un inganno, che non ci saremmo mai aspettati di subire. E che abbiamo dovuto digerire con profonda e malcelata amarezza, considerando i rapporti di stima e fratellanza nel frattempo intrattenuti con la comunità padana.

Soprattutto nel 2001, quando la tenaglia antistatalista e anticentralista sembrava potersi finalmente stringere a Nord come a Sud contro Roma ladrona, abbiamo assistito a un clamoroso quanto inaspettato voltafaccia da parte della Lega Nord, in merito all’assegnazione dei collegi per la Camera dei Deputati. Un vero e proprio sabotaggio, voluto da quella parte di Lega Nord che temeva fortemente la nascita e la conseguente crescita di una Lega Sud che potesse far saltare definitivamente il banco, togliendo voti e consensi alla destra post-fascista e sfascista di Fini.

Un dato che ci è stato poi confermato anche dall’ex deputato Oreste Rossi che negli anni ’90 curava i rapporti con i movimenti indipendentisti del Centro Sud e in particolare con la Lega Sud Ausonia, e da Giancarlo Pagliarini ex ministro del Bilancio e della Programmazione Economica, ai tempi del primo governo Berlusconi. Queste fasi sono state anche raccontate nel recente libro "Popoli Sovrani d'Europa" scritto dal segretario della Lega Sud Ausonia, Gianfranco Vestuto, edito da Amazon Books.

Il libro "Popoli Sovrani d'Europa"

Capimmo, sulla nostra pelle, che il Carroccio era diventato ormai contiguo al sistema e che, anzi, avrebbe fatto di tutto per non farci crescere ed essere la minaccia e l’incubo peggiore del sistema (che teme anche più della stessa morte): ovvero, la nascita e l’affermazione di una Lega Sud che portasse avanti le istanze di libertà e democrazia di Carlo Cattaneo e dell’indimenticato professor Miglio anche e soprattutto in quel Mezzogiorno depredato dalla partitocrazia e dalle organizzazioni malavitose. E che era diventato serbatoio di voti irrinunciabile, per tangentocrati e riciclati di tutte le risme.

Nel 2014, ancor prima della svolta nazionalista di Salvini, abbiamo deciso di tagliare definitivamente i ponti con la Lega Nord, diventata intanto vera e propria stampella (nonché brutta copia) dei fratelli (ma anche dei cognati, dei nipoti e dei cugini) d’itaglia della carciofara e borgatara Meloni. Oggi ci fa specie e tenerezza ascoltare da Salvini, e da altri esponenti di quello che fu il Carroccio, la parola “Padania”, in alcuni happening leghisti di un passato neanche troppo lontano. Così come ancora sentir parlare di concetti come “ognuno padrone in casa propria” o “i territori devono avere il potere di decidere in maniera libera e autonomia”, quando poi si vuole calare dall’alto un progetto folle e totalmente inutile come il Ponte sullo Stretto di Messina. Senza magari passare prima per un referendum con il quale calabresi e siciliani possano dire la loro su un’opera del genere, come logica improntata al federalismo e al rispetto della volontà popolare eppure imporrebbero.

Un sogno e un progetto – quello federalista - letteralmente sotterrato dalla fame e dalla voglia di cadreghe di un movimento, che ormai ha perso la propria identità e che è arrivato persino a rinnegare il proprio leader Umberto Bossi e quelle idee che l’avevano resa grande, affascinando e diventando la speranza (poi puntualmente e purtroppo disattesa) per milioni di persone.

Oggi di quella Lega Nord per l’indipendenza della Padania battagliera e capace di regalare un sogno di libertà e di affrancamento da un regime centralista e tiranno come quello itagliano, non è rimasto purtroppo praticamente nulla. Le istanze federaliste ed autonomiste sono scomparse del tutto, sotto i micidiali e letali colpi di una nuova classe dirigente che ha pensato solo a soddisfare la propria brama di potere e di arricchimento personale, in totale spregio di chi gli ha permesso tutto questo. Veri e propri parassiti (come li avrebbe giustamente definiti Miglio) in salsa rigorosamente “padana” che davvero nulla hanno da invidiare a quei loro predecessori “sudisti”, degli anni ’80 che tanto aberravano e criticavano.

Abbiamo seguito e dato nota, in questi anni, di ogni tentativo (rivelatosi poi patetico, fasullo, nonché fine a sé stesso) di ricostruzione della Lega Nord da parte di improbabili e improponibili personaggi, che in realtà hanno pensato solo al proprio orticello, spegnendo di fatto sul nascere ogni velleità e barlume di riscossa.

Non abbiamo mai cambiato idea, ci teniamo sempre a ribadirlo e a evidenziarlo con forza e vigore. Oggi, come 30 anni fa, continuiamo in maniera coerente ad essere convinti che solo una riorganizzazione in senso autenticamente federale possa garantire la continuità al malandato stato itagliano, la cui esperienza centralista possiamo considerare ormai definitivamente fallita a giudicare dai pessimi risultati, sin qui ottenuti.

La secessione e l’indipendenza non solo di Ausonia, ma anche di Padania, Sicilia e Sardegna possono essere le basi da cui ripartire affinché i territori dello stato italico tornino a guardarsi e a collaborare in modo diverso e proficuo. In totale antitesi a quanto abbiamo assistito negli ultimi 160 e passa anni in cui, invece, Nord e Sud hanno iniziato e continuato a guardarsi in cagnesco e con reciproca diffidenza a causa della contrapposizione creata ad arte da un regime che, con il sorriso e l’ipocrisia, perpetua nel farci credere che viviamo in una democrazia. Ma che di democratico ha davvero ben poco, a dispetto della facciata e dei “sorrisi” e dei salamelecchi di mera circostanza!

Francesco Montanino


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