ITAgLIA TRA FEDERALISMO, AUTONOMIA E INDIPENDENZA DA BOCCIOFILA ASSONNATA


In principio era Carlo Cattaneo. Il teorico del federalismo, ovvero di un modo completamente diverso nell’interpretare il rapporto fra stato e cittadino, trovo’ i propri natali nello stivale per poi fare fortuna nella vicina Svizzera dove le sue idee sono state recepite ed hanno fatto la fortuna del paese di Guglielmo Tell. Qui invece ci siamo ritrovati con una colonizzazione di interi territori messi a ferro e fuoco dalla prepotenza e dall’arroganza di un regime liberticida e mafioso, di stampo massonico che ha imposto una struttura organizzativa in cui le élite e le oligarchie dominano i cittadini, cui poi sono stati erosi diritti, giorno dopo giorno.

Poi fu il turno di Umberto Bossi, da Cassano Magnago. Nel cuore del varesotto iniziano a prendere forma le manovre che da lì a poco troveranno concretezza dapprima nella Lega Lombarda e poi, nella seconda metà degli anni ’80, nella Lega Nord con l’alleanza con tutti i movimenti autonomisti che si trovano al di sopra della fatidica linea gotica. Lotta al centralismo romano ed al parassitismo di quella parte di Sud che non ha mai voluto fare un cazzo in vita propria, i cavalli di battaglia di un movimento che, ai suoi albori, si è sempre dichiarato più di “lotta” che non di “governo”. 
Nato come un qualcosa che sembrava essere folkloristico in realtà il partito, che aveva nel suo simbolo Alberto da Giussano, conquisto’ ben presto consensi dando l’impressione di essere una minaccia seria a Roma ladrona soprattutto negli anni ’90, quando dapprima il crollo del regime comunista (certificato con la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione Sovietica) e poi l’avvento di Tangentopoli avevano messo in discussione lo status quo venutosi a creare a partire dal secondo dopoguerra.
Anni in cui anche al Sud, squassato dalle piaghe del clientelismo, dell’assistenzialismo, della mafia e della camorra, nonostante la grancassa mediatica che dipingeva il Carroccio come un vero e proprio demonio, avevamo iniziato a guardare con un certo interesse alle tematiche federaliste che rimettevano in discussione un assetto dimostratosi del tutto decrepito ed incapace di reggere i cambiamenti in atto. 
La presenza poi di personaggi illustri come il professor Miglio nella compagine leghista, sembrava essere una garanzia assoluta sulla bontà di tesi che ancora oggi condividiamo a spada tratta, anche a distanza di oltre 25 anni.

Abbiamo però dovuto purtroppo prendere atto di come la Lega Nord abbia tradito man mano la propria originaria identità, divenendo un partito “romano” come tutti quanti gli altri ed anzi acquisendo quei vizi tipici degli aficionados della poltrona, che pure a parole dichiarava di avversare. 
La Padania quale entità geografica immaginaria e sogno di quegli irriducibili militanti della prima ora, sacrificata sull’altare degli interessi di una dirigenza leghista che, con il tempo, ha perso di vista il contatto con il territorio ed i cittadini di cui è espressione, per sedersi ai tavoli con quel Berlusconi con cui sono state condivise varie esperienze di governo. Nelle quali, di federalismo o – quantomeno – di cambiamento della costituzione non se n’è mai visto, neppure un vago sentore.
Anzi, come la Lega Sud Ausonia iniziava a diventare una mina vagante pronta ad esplodere qualcuno a via Bellerio e dintorni pensava bene di metterci i classici bastoni fra le ruote, temendo che avremmo potuto far saltare il banco dando scacco matto a Roma ladrona ed ai suoi sodali, divenuti intanto irrinunciabili interlocutori con cui spartirsi torta e bottino. 

Infine, siamo passati a Salvini. Il non plus ultra del fancazzismo made in Padania, è riuscito nell’impresa di trasformare quello che era nato quale movimento che avrebbe dovuto tutelare e proteggere gli interessi della parte più produttiva della penisola itagliana, in un qualcosa che scimmiotta la destra con un discorso nazionalistico che – ne siamo certi – starà facendo sicuramente rivoltare nelle rispettive tombe, tanto Cattaneo quanto Miglio. Il tutto con la complicità di quei meridionali ascari che si sono svenduti per il solito piatto di lenticchie andato a male, invece di rimboccarsi le maniche e fornire una risposta valida e concreta a chi si compra voti e consensi con prebende e favoritismi.

Oggi cosa è rimasto di quella Lega che faceva battere e pulsare i cuori di chi credeva nel cambiamento? Poco e niente. Il Nord non è mai diventato grande, così come qualcuno vorrebbe teneramente portarci ad indurre. L’indipendenza – così come potrete notare da queste inequivocabili foto – è in uno stato totalmente dormiente ed intorpidito, in attesa che sbocci la primavera. 
L’entusiasmo generato da movimenti come Grande Nord è assimilabile a quello di una soporifera partita a bocce disputata da arzilli ultrasettantenni che, fra un grappino ed un piatto di polenta taragna, si ritrovano un po’ come quei quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo, cantati tanti anni fa da Gino Paoli
Un letargo, simile a quello degli orsi polari che ci fa purtroppo ben capire che dietro a slogan triti e ritriti, in realtà si celano quegli stessi marpioni e pifferai magici della politica che, anche loro, a chiacchiere dichiarano di voler combattere. Ma di cui in realtà, sono parte integrante dal momento che non vi abbiamo neppure intravisto un’azione seria e concreta. Il rilancio delle tematiche federaliste non può certo passare in desertiche riunioni ed in ritrovi fra pensionati, in cui si finge di abbaiare ed ululare alla luna, giusto per provare ad illudere qualche sprovveduto.

Riteniamo che solo un serio coordinamento fra i movimenti realmente federalisti ed autonomisti come Popoli Sovrani d’Europa che comunque sono presenti lungo lo stivale, possa rilanciare una tematica così seria e nobile. Che sicuramente non potrà essere rappresentata ne’ da Salvini, ne’ tantomeno da chi si regala un pisolino, standosene beatamente seduto su una sedia…

Francesco Montanino

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